Torino, 13/2/12 – 16 anni. Nel silenzio generale, la lettura della sentenza del presidente del tribunale Giuseppe Casalbore che inoltre ha elencato in tre ore i nomi delle 6.400 parti civili dinnanzi a centinaia di persone, parenti delle vittime ex dipendenti ora ammalati e delegazioni provenienti da tutto il mondo. Lacrime e commozione alla pronuncia di quel colpevoli, che per chi ha lottato ha rappresentato un passo importante verso la giustizia. la condanna per il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis De Cartier è stata emessa questo pomeriggio a conclusione del maxi processo eternit. Per i due, che sono stati alti dirigenti della multinazionale svizzera Eternit, l’accusa condotta pubblico ministero Raffaele Guariniello aveva chiesto una condanna a 20 anni di reclusione. Il processo è durato oltre due anni e si è articolato in 65 udienze. Ai dirigenti vengono contestate le morti di 2.100 persone e le malattie che hanno colpito altre 800 persone nelle zone degli stabilimenti. I due proprietari dei quattro strabilimenti italiani sono stati riconosciuti colpevoli di disastro colposo e rimozione di cautele. entrambi condannati in contumacia poiché non erano presenti in aula. I due imputati risponderanno però solo per gli stabilimenti di Cavagnolo e nel torinese e di Casale Monferrato ad Alessandria, mentre per le aziende di Rubiera nel reggiano e Bagnoli a Napoli i giudici hanno dichiarato di non dover procedere perché il reato è prescritto. In solido i due condannati dovranno risarcire i parenti delle vittime e gli ammalati, oltre ai comuni coinvolti, all’Inail e alle associazioni dei familiari delle vittime. Una sentenza di primo grado che dunque rende giustizia riconoscendo che nell’accaduto vi furono consapevolezza e dolo. per i legali di parte civile si è trattato di una decisione equilibrata che riconosce con chiarezza ogni responsabilità, per il pm Guariniello si è realizzato il sogno di dare giustizia alle famiglie. Ma nonostante la soddisfazione del reato riconosciuto ai due imputati, a Bagnoli nessun avrà diritto ad alcun risarcimento. Qui sono 600 le vittime accertate oltre alle tantissime persone tutt’ora ammalate: lo stabilimento di Bagnoli nacque agli inizi del 900 per chiudere definitivamente del 1985 poiché impossibilitato a mantenere in vita lavorazioni altamente nocive. Nel corso del 1989 è sottoposta a una prima bonifica ambientale. Bonifica ad oggi ancora in corso. Dalle associazioni ambientaliste la sentenza è considerata come un’amara vittoria che non cancella le migliaia di vittime dell’amianto in Italia e nel mondo e il disastro ambientale provocata. Una sentenza comunque storica che si spera possa rappresentare il precedente giuridico in grado di ispirare giudici di tutto il mondo come si augura un’attivista brasiliana giunta a Torino: “E’ da trent’anni che combattiamo l’amianto” confessa tra le lacrime la donna, “ora speriamo che i colpevoli possano pagare anche in Brasile”.
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